20 settembre
SANT'EUSTACHIO PLACIDO
(Vescovo e Martire)
Il ricco,
vittorioso generale Placido, benché pagano, era per sua natura una
persona spinta a fare grandi beneficenze, come il centurione
Cornelio. La leggenda racconta che un giorno (100-101) andando a
caccia, inseguì un cervo di rara bellezza e grandezza e quando
questi si fermò sopra una rupe e volgendosi all’inseguitore, aveva
tra le corna una croce luminosa e sopra la figura di Cristo che gli
dice: “Placido perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza
sapere”.
Riavutosi dallo spavento, il generale di Traiano decise di farsi
battezzare prendendo il nome di Eustachio o Eustazio e con lui anche
la moglie e i due figli con i nomi di Teopista, Teopisto e Agapio.
Ritornato sul monte, riascoltò la misteriosa voce che gli
preannunciava che avrebbe dovuto dar prova della sua pazienza. E qui
iniziano i guai, la peste gli uccide i servi e le serve e poi i
cavalli e il bestiame; i ladri gli rubano tutto.
Decide di emigrare in Egitto, durante il viaggio non potendo pagare
il nolo, si vede togliere la moglie dal capitano della nave che se
n’era invaghito. Ridisceso a terra prosegue il viaggio a piedi con i
figli, che gli vengono rapiti uno da un leone e l’altro da un lupo,
ma poi salvati dagli abitanti del luogo; i due ragazzi crescono
nello stesso villaggio senza conoscersi.
Rimasto solo, Eustachio si stabilisce in un villaggio vicino
chiamato Badisso, guadagnandosi il pane come guardiano, sta lì per
15 anni, finché avendo i barbari violati i confini dell’Impero,
Traiano lo manda a cercare per riportarlo a Roma.
Di nuovo comandante delle truppe, arruola soldati da ogni luogo;
così fra le reclute finiscono anche i suoi due figli, robusti e ben
educati, al punto che Eustachio sempre non riconoscendoli, li nomina
sottufficiali, tenendoli presso di sé.
Vinta la guerra, le truppe sostano per un breve riposo in un piccolo
villaggio, proprio quello in cui vive coltivando un orto, Teopista,
che era rimasta sola dopo la morte del capitano della nave e
abitando in una povera casupola; i due sottufficiali le chiedono
ospitalità, e nel raccontarsi le loro vicissitudini, finiscono per
riconoscersi come fratelli, anche Teopista li riconosce ma non lo
dice, finché il giorno dopo presentatasi al generale, per essere
aiutata a rientrare in patria, riconosce il marito, segue un
riconoscimento fra tutti loro e così la famiglia si ricompone.
Intanto morto Traiano, gli era succeduto Adriano (117), il quale
accoglie il vincitore dei barbari con feste e trionfi. Però il
giorno dopo si doveva partecipare al rito di ringraziamento nel
tempio di Apollo ed Eustachio si rifiuta essendo cristiano;
l’imperatore per questo lo condanna al circo insieme ai suoi
familiari (140); ma il leone per quanto aizzato non li tocca nemmeno
e allora vengono introdotti vivi in un bue di bronzo arroventato,
morendo subito, ma il calore non brucia loro nemmeno un capello.
I cristiani recuperano i corpi e gli danno sepoltura, in questo
luogo dopo la pace di Costantino (325) fu eretto un oratorio, dove
venivano celebrati il 1° novembre.
Questa leggenda ebbe una diffusione straordinaria nel Medioevo e ci
è pervenuta in molte redazioni e versioni greche, latine, orientali
e lingue volgari, quasi tutte le europee, diverse nei particolari ma
concordanti nella sostanza.
Il culto per il martire Eustachio e familiari è antichissimo e
innumerevoli sono le chiese, citazioni, racconti, documenti, ecc. in
cui compare il suo nome, già agli inizi del secolo VIII.
La sua festa inizialmente al 1° novembre fu spostata al 2 novembre, quando
fu istituita la festa di Tutti i Santi e poi dopo l’inserimento
della Commemorazione dei Defunti, fu spostata al 20 settembre, data
che compare già negli evangeliari dalla metà del sec. VIII.
È protettore dei cacciatori e guardiacaccia e della città di Matera.
Il nome deriva dal greco ‘Eystachios’ e significa “producente molte
e buone spighe”.
fonte: santodelgiorno.it
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